Archivio per luglio, 2010

ora che ci penso

Posted in Uncategorized on luglio 20, 2010 by lisozima

Un anno fa, no, due anni fa, una mia cara amica mi insegnò che nei momenti di vetro spezzato nella trachea operazione fondamentale è quella di risalire alle cause della sensazione, e queste stesse cause riportarle ad altre cause e via dicendo, fino a quando la causa svanisca, trasformata in un rivolo di motivi sciocchi e di paure che non hanno corpo. In questo caso, in questo particolare caso, l’operazione non ha motivo di non funzionare, sebbene i vetri siano particolarmente spessi, si tratta di bicchieri da cocktail, tumbler per l’esattezza. Nel frattempo questa stanza in cui mi trovo sembra il deposito di un teatro, o di un mercatino dell’usato, quanti mobili ammassati, cavallini a dondolo, gabbie, fiori secchi molto vecchi, libri, garanzie di elettrodomestici, abiti, riviste, fotografie, fazzoletti, coperte. Tutto ammassato, e in attesa di essere messo in viaggio verso una destinazione più piccola, una casa meno alta, con meno luce, con un giardino, con delle stanze navigabili in meno tempo e afferrabili con lo sguardo in un attimo. I cocci di vetro in quella casa fanno meno male, guardare Zoe che dorme sul prato mi fa sentire – come si dice? – a posto. All’incirca a posto.
Ora che ci penso, non ti ho mai visto versare fiumi di lacrime. Ora che ci penso.

in dismissione

Posted in milano, nervi on luglio 2, 2010 by lisozima

Quando stavo a Milano mi chiedevo sempre perché le luci condominiali restassero accese tutta la notte. Ancora oggi non ho trovato risposta. Stanno accese a vegliare i movimenti della gente che entra ed esce dai palazzi a fare chissà cosa o a smettere di fare chissà cosa. Per ragioni che mi sono quasi del tutto sconosciute e che solo per motivi di comodità potremmo riassumere nella parola caldo non ho fatto le mie passeggiate rituali. Forse anche perché sono senza soldi, in questa perturbazione che mi attraversa (anche se trascorro buona parte delle mie giornate a escogitare maniere per farli, i soldi, conscia che esiste sempre un piano b da qualche parte ad attendermi, fosse pure il vagabondaggio – alla mia età? – oppure la revolverata nel punto giusto, decisivo), forse perché non ne ho voglia, e d’altra parte per me Milano sta quasi tutta dentro questa casa e dentro la cantina dove andiamo a suonare, non è che ci sia molto altro, non è che sia molto altro in generale, specie di questi tempi, che sembra ci sia moltissimo altro e invece non si tratta che dell’ennesima esplosione che sparge i cocci distante e fa un gran casino in modo che nessuno possa sentirmi piangere.

Ma non è una cosa brutta. Non una di quelle cose che fanno invocare la consolazione specifica e mirata, anzi. Posso pure dire che sono dei giorni in cui parlare di me non m’importa e starei ad ascoltare gli altri, tutti gli altri, tutti quelli che ritengo degni del mio amore, o del mio interesse, o della mia curiosità, o della mia immaginazione, in modo da dire che io sono niente, che i miei problemi non mi riguardano, e che se potessi, credimi, mi togliere la pelle come si fa coi vecchi vestiti e me ne andrei in giro nuda, felice e finalmente dismessa.